“Green washing”: ovvero ricoprire di una patina ambientalista strategie che invece perseguono principalmente il profitto immediato senza nessuna prospettiva di crescita.
È questo il risultato o addirittura l’obiettivo reale della recente OMC, la conferenza sull’offshore mediterraneo che si è conclusa pochi giorni fa a Ravenna. Dietro ai manifesti e agli slogan sulle energie rinnovabili dalla riconversione delle piattaforme all’eolico ed al solare si legge una realtà fatta di sicuro aumento di nuove estrazioni dall’Alto Adriatico (quello che sprofonda a Ravenna di due centimetri all’anno), annunciate introduzioni di nuove tecnologie per ridurre le emissioni nella produzione (sempre di gas estratto), smantellamento “ecologico” di piattaforme.
Fra gli stand dell’OMC di tutto questo però non c’era praticamente traccia, a parte la pubblicità dell’evento Offshore Energy di Amsterdam (che per energia offshore intende non solo OIL & GAS ma anche WIND e MARINE ENERGY), e a parte un’“idea” di un sostegno galleggiante per eolico di Fincantieri. Di sicuro c’è solo una nuova piattaforma al largo del Delta del Po fra Veneto ed Emilia-Romagna, destinata ad estrarre il gas dal bacino chiamato “Teodorico”. Denominazione sinistra, dedicata sì al grande Re ostrogoto vissuto a Ravenna dopo la cui morte però iniziò la rovina del suo popolo, letteralmente scomparso in neanche trent’anni.
Questo giacimento varrebbe circa l’1% del gas nazionale. L’attuale produzione italiana copre poco meno del 10% del fabbisogno attuale del nostro paese, che importa principalmente gas dalla Russia e dall’Algeria. Le nostre riserve sono minime, marginali rispetto al nostro fabbisogno e di durata limitata. Ma se al 2050 in molti (anche la regione Emilia-Romagna in parte!) prevedono la completa decarbonizzazione (quindi anche del gas estratto) della nostra economia, che senso ha investire in infrastrutture che oltre ai danni ambientali sono destinate a durare 40-50 anni?
Investire oggi in nuove piattaforme ed estrazioni significa gettare via risorse di tutti, perché dall’Adriatico e dalla Val Padana può arrivare pochissimo gas, del quale non ci sarà più bisogno, mentre le risorse utilizzate dovrebbero, invece, essere impiegate nella direzione delle energie rinnovabili, come stanno facendo altre grandi compagnie ed imprese nazionali nel mare del nord (una per tutte la danese DONG – Danish Oil and Gas – che si è lanciata nella generazione elettrica, tanto che il 75% dei suoi investimenti è ormai diretto verso l’eolico).
Questo dovrebbero fare l’Eni, la Regione Emilia-Romagna, il nostro Governo, proprio partendo dalle infrastrutture esistenti, per trasformare il nostro Paese, il nostro mare e le strutture già realizzate come piattaforme, pipe lines e centrali, in strumenti per produrre e trasportare energia rinnovabile utilizzando risorse che da noi non mancano, non mancheranno e non inquinano, come il sole e il vento. La storiche e prestigiose università emiliano-romagnole, i centri di ricerca, lo stesso personale preparato ed esperto che opera nel comparto energetico soprattutto nel ravennate e ferrarese sono le risorse – anche loro inesauribili – che possono essere usate per fare quello che volutamente non si vuole fare, coprendo con una mano di vernice verde ecocompatibile una politica che farfuglia sul futuro mentre parte subito con nuove estrazioni, nuovo gas, nuovi interventi che ripongono scelte vecchissime.
Mentre altre grandi imprese multinazionali operanti nel campo dell’energia spesso partecipate o da soggetti pubblici nazionali, hanno scelto le energie rinnovabili con chiarezza, cioè con quantità, continuità e strategicità degli investimenti, l’Eni (anch’essa partecipata dal pubblico) si lancia innanzitutto in messaggi pubblicitari promettendo un futuro mix energetico, ipotizzando forse eventuali riconversioni, ma lanciandosi subito nell’estrazione del gas sotto l‘Adriatico e la Val Padana.
Noi diciamo che se si vogliono salvare (e creare!) posti di lavoro bisogna sterzare decisamente (convertitevi!) e subito verso le rinnovabili. Non passare una mano di verde..
Andrea Bertani, portavoce M5S in Regione Emilia-Romagna.