“Perché il Comune di Rimini invece che assumere, come poteva, il personale precario dei servizi per la prima infanzia ha preferito puntare dritto sulle esternalizzazioni?” A chiederlo è Raffaella Sensoli, consigliera regionale del Movimento 5 Stelle e vicepresidente della Commissione Politiche Sociali, che ha presentato una interrogazione sulla procedura di affidamento, ormai arrivata quasi alla conclusione con la scelta dei vincitori dei bandi, dei servizi educativi per la prima infanzia a ditte esterne a Rimini.
“L’amministrazione comunale ha sempre sostenuto che la scelta delle esternalizzazioni fosse un percorso obbligato a causa dell’impossibilità di bilancio di assumere il personale precario del settore e offrire così dei servizi qualitativamente migliori a genitori e cittadini – spiega Raffaella Sensoli – Partendo dal presupposto che abbiamo sempre sostenuto, ovvero che l’affidamento a soggetti esterni di un settore così importante non produce affatto un miglioramento dell’offerta anche a causa della presenza di cooperative che applicano dei contratti economicamente svantaggiosi per i dipendenti, vorremo capire perché il Comune ha portato avanti questa scelta nonostante ci fosse una legge che dava la possibilità alle amministrazioni comunali di procedere nella stabilizzazione del personale precario impiegato nel mondo della scuola”.
Il riferimento è alle legge 160 del 2016 che proprio per gli anni 2016, 2017 e 2018 apre ad un piano triennale straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale insegnante ed educativo necessario per consentire il mantenimento dei livelli di offerta formativa. “Norma che il Comune di Rimini sembra aver incredibilmente ignorato. A questo punto però chiediamo alla Regione di verificare attentamente il processo di esternalizzazione che si sta portando avanti – conclude Raffaella Sensoli – A nostro avviso il rischio, molto elevato, che si corre se si andrà avanti su questa strada è quello di non aumentare l’offerta per i bambini, non aumentare la possibilità per le famiglie di far convivere esigenze educative dei figli e lavoro, non diminuire la precarietà del lavoro né tantomeno i costi medi per i servizi. L’unica cosa che aumenterà sono le commesse alla cooperazione privata a danno del sistema pubblico che si ritrae senza una vera motivazione. Bisogna invertire questa rotta e smetterla di pensare che i servizi alla persona siano un mercato dove foraggiare il mondo cooperativo.”