“La Regione chieda all’Asl di Modena una urgente e tempestiva revisione del sistema di emergenza sanitaria visto che attualmente si basa su un’organizzazione che non rispetta né le norme nazioni che quelle regionali. È semplicemente assurdo che ai medici di famiglia, senza la formazione né l’abilitazione necessaria, venga permesso di gestire i servizi di emergenza soprattutto nelle aree montane”. È questa la richiesta di Giulia Gibertoni contenuta in una interrogazione riguardo all’organizzazione del sistema di soccorso ed emergenza del 118 messo in piedi dall’Asl di Modena.
“L’organizzazione del 118 a Modena, soprattutto per quel che riguarda le zone montane, presenta diversi punti critici e in particolar modo per quel che riguarda la presenza del personale medico all’interno delle ambulanze – spiega Giulia Gibertoni – In particolare tutto il sistema si basa sulla possibilità che il sistema di emergenza possa fare affidamento sui medici di famiglia che però non sarebbero abilitati a ricoprire questo particolare ruolo in quanto non sono in possesso né della formazione né dell’abilitazione necessaria, così come le norme sia regionali che nazionali prevedono. In più ci troviamo davanti al paradosso secondo il quale in condizioni particolare, come quello che riguardano la maggior parte delle zone montane del nostro territorio, i medici di famiglia sono obbligati ed autorizzati a recarsi nei luoghi dell’emergenza e quindi a soccorrere i pazienti con il proprio mezzo privato, non disponendo dunque nemmeno quei dispositivi di allarme previsti dal codice della strada. Una situazione di grave illegalità che deve essere al più presto risolta”.
Per questo Giulia Gibertoni nella sua interrogazione chiede alla Giunta di intervenire auspicando una tempestiva riforma del sistema di emergenza territoriale che riguarda l’Asl di Modena, in particolare per quel che riguarda le aree montane. “Questo sistema – conclude Giulia Gibertoni – oltre a non rispettare le regole rischia di aggravare creare una situazione di squilibrio tra i cittadini che abitano in aree disagiate rispetto a quelle vicini ai grandi centri urbani, determinando così un importante problema di equità di accesso alle prestazioni sanitarie in condizioni di emergenza. La Regione deve intervenire”.