“Il Benessere di una nazione non può essere facilmente desunto da un indice del reddito nazionale” (Simon Kuznets)
Molto spesso la parola crescita viene erroneamente utilizzata come sinonimo della parola sviluppo. La ricerca di nuovi indicatori alternativi al PIL è oggi oggetto di notevole impegno in tutto il mondo. L’Italia ha recentemente elaborato uno strumento multidimensionale di misura del benessere e della qualità della vita che si pone all’avanguardia nel panorama internazionale: il Bes (Benessere Equo Sostenibile). I punti alla base sono 12 (istruzione e formazione, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, salute, lavoro e conciliazione, tempi di vita, ambiente, qualità dei servizi, relazioni sociali, ricerca e innovazione, benessere economico, politica e istituzioni e sicurezza), e il progetto nasce dalla convinzione che i parametri sui quali valutare il progresso di una società non debbano essere solo di carattere economico ma anche sociale e ambientale.
L’attuale indicatore utilizzato, il PIL, nacque negli anni ‘30, dopo la Grande guerra e la crisi economica del ’29 che portarono ad un crescente ruolo dei governi nell’economia. Era in pratica un momento molto particolare, checché se ne dica ben diverso da quello che viviamo ora – anche e soprattutto se si pensa al contesto ambientale e al consumo di risorse, allora ancor più ignorati. Erano tempi in cui la smania di industrializzazione e il desiderio di mostrare al mondo i propri muscoli sia a livello bellico che produttivo erano all’apice. E il PIL, in pratica, permetteva di conoscere quanto e in quali settori uno Stato producesse e quanto del reddito generato andasse a consumi, investimenti, esportazioni ecc. Nonostante le sue imperfezioni, una volta finita la Seconda guerra mondiale, questo indicatore ebbe sempre più importanza nelle politiche economiche di tutto il mondo, e fu adottato anche dalle grandi istituzioni finanziarie internazionali, come la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale. Misurando solo il valore complessivo dei beni e servizi prodotti all’interno di un Paese in un certo intervallo di tempo, però, il PIL è un parametro e come tale dovrebbe essere trattato. Non significa volere necessariamente che questo scenda, ma tenere in considerazione che esso ci dice alcune cose, mentre non ce ne dice altre. Cresce quando girano soldi e merci, quando c’è una transazione economica, ma non quando si è in presenza, ad esempio, di un’azione di volontariato, di un dono fatto senza ricevere un pagamento in denaro, o di un gesto d’amore o di solidarietà.
La critica forse più famosa in questo senso fu quella di Bob Kennedy, che già nel 1968 (tre mesi prima di essere assassinato) disse: “Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow Jones né i successi del Paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL comprende l’inquinamento dell’aria, la pubblicità delle sigarette, le ambulanze per sgomberare le nostre autostrade dalle carneficine del fine settimana. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro istruzione e della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia e la solidità dei valori familiari. Non tiene conto della giustizia dei nostri tribunali, né dell’equità dei rapporti fra noi. Non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio né la nostra saggezza né la nostra conoscenza né la nostra compassione. Misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta”. Insomma, il PIL misura l’andamento economico di un Paese, ma non certo il suo benessere.
Il progetto del Bes rappresenta senz’altro un punto di svolta rispetto alla tradizionale concezione del benessere legata all’andamento del PIL e della crescita economica. Il M5S in Emilia-Romagna ha presentato una risoluzione (a firma di Andrea Bertani e Raffaella Sensoli) che impegna la Giunta regionale ad introdurre ed utilizzare, ai fini del perseguimento di indirizzi di politica economica regionale nonché relativamente alla produzione di ogni documentazione inerente la programmazione economica e finanziaria ed in particolare rispetto al Documento di Economia e Finanza Regionale, oltre agli indicatori tradizionali, appunto anche gli indicatori del BES.
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