Un progetto di legge per mettere fine al regalo che la Regione offre da anni ai privati che imbottigliano e commercializzano l’acqua dalle sorgenti naturali. È quello che Andrea Bertani e Gianluca Sassi, consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle, hanno depositato in Regione Emilia-Romagna e che va a modificare la legge regionale numero 32 del 17 agosto del 1988.
“Nonostante i vari inviti, le promesse, le risoluzioni e gli atti approvati dall’Assemblea Legislativa, la Regione non ha mai aggiornato l’importo dei canoni delle concessioni delle acque minerali e termali, lasciandole in pratica ai livelli di trent’anni fa – spiegano Bertani e Sassi – Esattamente il contrario di quello che hanno fatto altre regioni”. Il progetto di legge presentato dal Movimento 5 Stelle, infatti, si basa sul principio che l’acqua è un bene comune, essenziale e insostituibile per la vita ma esauribile. Per questo la Regione Emilia-Romagna dovrebbe regolare e valorizzare il suo utilizzo.
“A fronte di un giro di affari nazionale di 2,3 miliardi di euro all’anno, le Regioni continuano ad incassare cifre irrisorie e insufficienti a ricoprire anche solo le spese sostenute per la gestione amministrativa delle concessioni o per i controlli, senza considerare quanto viene speso per smaltire le numerose bottiglie in plastica derivanti dal consumo di acque minerali che sfuggono alle raccolte differenziate – aggiungono Bertani e Sassi – In particolare, per quanto riguarda l’Emilia-Romagna, i canoni annuali di pagamento, pur essendo rinnovati ogni triennio tenendo conto degli indici nazionali del costo della vita pubblicati dall’ISTAT, attualmente ammontano a poche decine di migliaia di euro. Per questo chiediamo che i concessionari paghino un canone calcolato sulla quantità di acqua realmente sfruttata”.
Il progetto di legge presentato dal Movimento 5 Stelle inserisce, infatti, il criterio di quantità di acqua estratta per poter individuare la tariffa da applicare (che si andrà a sommare ai canoni annuali che si basano sull’estensione dei terreni) misura proposta proprio dalle Regioni nel 2006 ma che in Emilia-Romagna non è mai stata attuata. “Oggi due soggetti che operano su terreni della medesima estensione, ma che estraggono acqua in quantità totalmente differente (anche dieci, venti volte in più l’uno dell’altro), pagano alla Regione la stessa cifra – specificano i due consiglieri regionali del M5S – Il nostro progetto di legge ha come obiettivo quello di realizzare ciò che altre regioni già applicano: ovvero pagherà di più chi più estrae, al netto ovviamente dell’efficienza estrattiva e della ecosostenibilità dei contenitori per i quali saranno previsti degli sconti. L’adeguamento dei canoni non comporterà nessun aumento del prezzo delle acque minerali per i consumatori – assicurano Sassi e Bertani – anche perché oggi le acque delle sorgenti dell’Emilia-Romagna non costano certamente molto meno rispetto a quelle dove i canoni sono più salati. E questa è la dimostrazione che fino a questo momento la politica ha di fatto svenduto un bene preziosissimo regalandolo di fatto al profitto dei privati”.
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