“La condanna dell’ex primario di Radiologia all’ospedale di Imola è la dimostrazione di quanto il sistema dell’intramoenia della nostra regione faccia acqua da tutte le parti. Servono regole più rigide per evitare che ci siano persone che abusano del loro ruolo pubblico per creare vantaggi esclusivamente privati”.
Silvia Piccinini, capogruppo regionale del MoVimento 5 Stelle, ha presentato un’interrogazione alla giunta regionale all’indomani della condanna a quattro anni di Guido Ferrari, ex primario di Radiologia a Imola, per aver violato le norme che vietano l’utilizzo di mezzi e risorse appartenenti alla pubblica amministrazione per finalità private.
“Anche se la Regione e l’Ausl di Imola hanno sempre sostenuto di essere parte lesa in questa vicenda, a nostro avviso ci sembra evidente la responsabilità di chi ha contribuito a creare un sistema troppo debole sul fronte della gestione dell’intramoenia – spiega Silvia Piccinini – Ci sono troppe zone grigie che alcune persone evidentemente sfruttano per creare interessi e vantaggi esclusivamente personali. Servono controlli ed una regolamentazione più rigida. Bisognerebbe che il numero complessivo di ore concesso ai medici che lavorano in strutture pubbliche in ruoli apicali, da riservare all’attività intramoenia, sia regolato per esempio in giorni ed orari in cui non viene esercitata l’attività istituzionale. Ci dovrebbe essere inoltre una differenziazione più marcata anche dei luoghi fisici nei quali poterla esercitare, oltre al pieno rispetto della norma che impone il blocco dell’intramoenia qualora le liste d’attesa superino i tetti massimi imposti dalla regolamentazione vigente”.
Nella sua interrogazione la capogruppo regionale del MoVimento 5 Stelle pone l’accento anche sul divario esistente sugli incassi per l’attività libero professionale dei primari, troppo elevata, rispetto agli altri medici, con differenze abissali rispetto alle cifre guadagnate con l’attività istituzionale sia pure di primo livello.
“Bisogna mettere un freno a questa situazione per cercare di evitare l’utilizzo distorto di risorse pubbliche – conclude Silvia Piccinini – Parallelamente sarebbe necessario anche valutare una revisione dell’accreditamento delle strutture sanitarie, inserendo nuovi criteri e regole, anche per evitare a chi è stato oggetto di un procedimento disciplinare, che possa continuare la propria attività in strutture sanitarie private accreditate continuando di fatto a lavorare in stretto rapporto proprio con le strutture pubbliche da cui è stato allontanato”.