“La Regione adotti le giuste contromisure per evitare che le strutture sanitarie private accreditate introducano degli elementi peggiorativi per il personale assunto, per esempio disdicendo il contratto nazionale di lavoro. Se ciò dovesse accadere, oltre al danno per i lavoratori, si prospetterebbe uno pericoloso abbassamento dei servizi qualitativi offerti da soggetti privati che però svolgono una funzione pubblica grazie a finanziamenti ad hoc”. È questa la richiesta di Raffaella Sensoli, consigliera regionale del M5S e vicepresidente della Commissione Sanità, contenuta in una interrogazione alla Giunta. L’interrogazione prende spunto dalla vicenda che sta riguardando la Fondazione Don Gnocchi di Parma, realtà che conta oltre 5700 operatori, e che svolge le proprie attività di degenza piena, day hospital, servizi riabilitativi in regime di accreditamento essendo destinataria di finanziamenti e contributi regionali, in nove regioni, fra le quali anche l’Emilia-Romagna.
“La Fondazione nel 2013, a seguito di importanti segnali di crisi e di difficoltà stipulò un accordo sindacale per un contratto di solidarietà triennale, con una riduzione dei giorni di ferie ed un monte ore di circa 80 ore da prestarsi al di fuori della retribuzione – spiega Raffaella Sensoli – accordo smentito dalla decisione unilaterale comunicata ai lavoratori a inizio ottobre di disdetta del contratto collettivo nazionale di lavoro, motivata da condizioni contrattuali che comporterebbero costi incompatibili con le attuali condizioni di mercato e, oltre tutto, di gran lunga più elevati rispetto a quelli sostenuti da altri enti”.
Per la consigliera del M5S il caso Don Gnocchi deve rappresentare un campanello d’allarme per la Giunta. “Se altre realtà dovessero seguire questa strada crediamo sia concreto il rischio di un declassamento del livello dei servizi offerti da questo tipo di strutture – aggiunge Raffaella Sensoli – L’applicazione del contratto collettivo di lavoro è garanzia di una serie di doveri e diritti che in questo modo invece verrebbero a mancare. Per questo chiediamo alla Regione di verificare quanto è diffuso questo sistema nelle strutture private accreditate e se intenda sostenere il mantenimento dei livelli occupazionali ed adeguati standard di qualità del lavoro nei confronti di quei soggetti che godono di accreditamenti o di finanziamenti regionali”.