“L’indagine della Guardia di Finanza sul traffico di rifiuti pericolosi a Rimini rappresenta più di un campanello d’allarme per quel che riguarda la gestione dei rifiuti sul nostro territorio, in particolare per quel che riguarda il materiale che arriva direttamente da San Marino che dovrebbe essere tracciato ma che evidentemente così non è”. Gianluca Sassi e Raffaella Sensoli, rispettivamente capogruppo e consigliera regionale del M5S, preannunciano una interrogazione sul caso dello smaltimento illegale di rifiuti scoperto dalla Guardia di Finanza e che ha portato alla denuncia di 10 persone per associazione a delinquere su 30 indagati.
“Vogliamo capire bene se dietro a questo traffico di rifiuti ci sia un sistema che andava avanti da tempo nella totale indifferenza di chi invece doveva controllare – spiegano i due esponenti del M5S – Se fosse confermato quello che gli inquirenti hanno scoperto nelle indagini ci troveremmo di fronte a una situazione molto grave che coinvolge tra l’altro una cooperativa sociale che solo qualche anno fa era stata presentata in pompa magna dalla Provincia e che magari ha ottenuto contributi pubblici per portare a termine un’attività totalmente illegale. Tutto questo è inaccettabile. Chi doveva controllare evidentemente non l’ho fatto. Per questo, attraverso un accesso agli atti, verificheremo se in questi anni questa cooperativa abbia o meno ricevuto finanziamenti pubblici”.
Per il M5S c’è anche un altro aspetto che deve essere chiarito: “I rifiuti che provengono da San Marino dovrebbero essere tracciati ma a quanto pare anche in questo sistema c’è una falla grande come una casa se materiale vario finiva nelle discariche abusive sul territorio di Rimini – aggiungono Gianluca Sassi e Raffaella Sensoli – Anche su quest’aspetto chiediamo alla Regione di fare chiarezza. Non si può sempre delegare alla magistratura il compito di controllare e scoprire i buchi neri di un sistema che sembra fare acqua da tutte le parti. La politica deve aprire gli occhi”.
“Dalle indagini sarebbe emerso inoltre un atteggiamento vessatorio anche nei confronti di molti soci dipendenti, vale a dire dei soggetti che avrebbero dovuto trarre il ‘vantaggio’ dell’inserimento sociale e lavorativo tramite la Metalcoop. Non bisogna dimenticare che le cooperative sociali godono di vantaggi contributivi legati alla loro finalità, appunto “sociale”. Se quanto emerge dalle indagini fosse confermato – concludono Sassi e Sensoli – avremmo un’altra conferma del fatto che dietro uno strumento positivo (le coop sociali) si possono nascondere forme di sfruttamento e di illegalità, anche in Emilia-Romagna e non solo nella Roma di Mafia capitale“.